BRI (Belt and Road Initiative): una grande narrazione “dove si può infilare di tutto”, caratterizzata da un complesso intreccio di implicazioni geo-economiche/commerciali e strategico/geo-politiche.
Le “Vie della Seta” della Cina. Fonte: Council on Foreign Relations.
Paese promotore: REPUBBLICA POPOLARE CINESE
BRI lanciata dal Presidente cinese Xi Jinping il 7/9/2013 (alcuni paragonano questa data, in termini di importanza, alla data proclamazione Repubblica Popolare Cinese – 1/10/1949).
Percorso compiuto dalla Cina “per arrivare ad essere Paese che progetta investimenti per il mondo”:
- Umiliante dominazione coloniale e semi coloniale subita a più riprese a partire dal 1839 (guerra dell’oppio) e culminata con vera e propria occupazione militare giapponese a cavallo fra le due guerre mondiali
- Proclamazione Repubblica Popolare cinese (1/10/1949)
- Sotto la guida di Deng Xiaoping, a partire dal 1978 riconoscimento costituzionale della proprietà privata e apertura del mercato a investimenti esteri, con conseguente inizio boom economico cinese
- Fino al 1995, solo 7% della produzione mondiale era cinese, a fronte di un 22% della popolazione mondiale
- Nel 2017, dopo due decenni di crescita media del PIL intorno al 8% annuo, il 21% della produzione mondiale è cinese
- Il sorpasso sul PIL USA è previsto intorno al 2025 (al 2017 PIL cinese pari a 12 trilioni di dollari contro i 19,4 trilioni di dollari USA)
- Crescita basata su elevato export ed elevati investimenti
- I posto a livello mondiale per export: 13%
- I posto a livello mondiale per IDE (Investimenti Diretti Esteri): 24%
- Percentuale investimenti sul PIL: 45%
- Tasso di risparmio fra i più alti al mondo: circa 50% del reddito annuo
- Valuta nazionale Yuan inserita da FMI nel paniere delle valute di riserva mondiali insieme a euro, dollaro, sterlina e yen
- 7% delle transazioni commerciali a livello globale avviene oggi in Yuan
- Seconda potenza militare dopo USA (bilancio militare cinese è ad oggi pari ad 1/3 di quello americano – 155 miliardi di dollari contro 581 miliardi di dollari – ma ci sono dubbi sulla trasparenza dei report di finanza pubblica cinese e secondo molti l’investimento militare cinese sarebbe molto più elevato di quello pubblicizzato)
USA | Cina | |
Popolazione | 321.368.864 | 1.367.485.388 |
Abili al reclutamento | 120.025.000 | 619.000.000 |
Personale militare attivo | 1.400.000 | 2.335.000 |
Riservisti | 1.100.000 | 2.300.000 |
Aerei militari | 13.444 | 2.942 |
Di cui: | ||
D’attacco | 2.785 | 1.385 |
Caccia | 2.308 | 1.230 |
D’addestramento | 2.771 | 352 |
Da trasporto | 5.379 | 782 |
Elicotteri mil. (di cui d’attacco) | 6.084 (957) | 802 (200) |
Aeroporti agibili | 13.513 | 507 |
Carri armati | 8.848 | 9.150 |
Altri veicoli corazzati | 41.062 | 4.788 |
Artiglieria pesante | 1.934 | 1.710 |
Cannoni a lunga gittata | 1.229 | 6.246 |
Batterie lanciarazzi | 1.331 | 1.770 |
Flotta mercantile | 393 | 15 |
Grandi porti | 24 | 15 |
Flotta militare | 415 | 714 |
Di cui: | ||
Portaerei | 19 | 1 |
Sottomarini | 75 | 68 |
Fregate | 6 | 48 |
Incrociatori | 62 | 32 |
Corvette | 0 | 26 |
Sminatori | 11 | 4 |
Pattugliatori | 13 | 138 |
- La crescita imponente della flotta navale cinese nell’ultimo decennio è indice di enorme capacità produttiva in ambito militare (generale esercito francese ha recentemente dichiarato che Pechino può permettersi di replicare l’intera flotta navale francese nel giro di 4 anni)
Questo percorso ha condotto la Cina all’accumulazione di una enorme quantità di capitale, che ha dapprima favorito l’ammodernamento infrastrutturale interno e che adesso necessita nuovi sbocchi, anche e soprattutto esterni.
Nuovo approccio dinamico imposto in politica estera ed interna sotto la presidenza Xi Jinping, tre ambiziosi obiettivi dichiarati:
- Progetto Made in China 2025 (raggiungimento leadership tecnologica a livello globale in settori chiave a livello economico e strategico come cybersecurity, artificial intelligence, informatica, robotica, aeronautica, marina, industria bellica, ecc.)
- Raggiungimento di “moderato benessere” diffuso fra i cittadini cinesi entro 100 anni dalla fondazione del Partito Comunista Cinese (1921)
- Raggiungimento di “completo benessere” diffuso fra i cittadini cinesi entro i 100 dalla presa del potere del Partito Comunista Cinese (1949)
BRI si inserisce alla perfezione in questa linea di sviluppo cinese, rappresentando il perno della politica estera di Xi Jinping.
BRI – analisi geoeconomica / commerciale (dati spesso ignoti e/o confliggenti fra loro)
Dati generali:
- 60+ Paesi coinvolti (4,4 miliardi di persone, il 62% della popolazione mondiale)
- Totale investimenti (infrastrutturali e non) in area BRI reclamizzati: da 4 a 26 trilioni di dollari
- Totale investimenti (infrastrutturali e non) in area BRI già realizzati: da 750 miliardi a 1 trilione di dollari
- 1100 progetti già iniziati
- 160 ONG cinesi e straniere coinvolte
- 110 miliardi di dollari di scambi commerciali annui nel 2017 fra Paesi area BRI
- Volumi di commercio fra Cina e regioni del Mediterraneo in costante aumento (con decisa prevalenza esportazioni su importazioni cinesi
Volume del commercio fra Cina e regioni del Mediterraneo. Fonte: elaborazione T.wai su dati dell’International Trade Center
- Si stima che 45% crescita mondiale dei prossimi due decenni sarà direttamente o indirettamente collegata alla BRI
- Zona Asia Centrale stimata come area a maggior potenziale di crescita nei prossimi due decenni
- Costituzione nel 2001 della “SCO – Shanghai Cooperation Organization”, di cui fanno parte dal 2017 anche Pakistan ed India (e si aggiungerà a breve anche l’Iran), oltre ai membri fondatori Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan
- Costituzione di veicoli ed istituzioni finanziarie ad hoc per convogliare fondi destinati alla BRI, fra cui “Silk Road Fund” (già 40 miliardi di dollari investiti in progetti BRI), “AIIB – Asian Infrasctructure Investment Bank” (già 100 miliardi investiti in progetti BRI), “NDB – New Developement Bank” (creata nell’ambito della cooperazione fra Paesi BRICS nel 2014 e già attiva a supporto dei progetti BRI)
2 tratte terrestri che toccano Cina Occidentale, Asia Centrale, Russia ed Europa. Una a nord che giunge a Parigi ed una più a sud che giunge ad Istanbul:
- 43 città cinesi collegate con 41 città europee (16 linee dirette)
- Tratte terrestri collegate da 3 corridoi nord-sud (Scandinavia-Mediterraneo, Reno-Alpi, Baltico) e da accordo con circuito capillare Hupac (società di trasporto combinato ferro-strada con 400 dipendenti e sedi operative in Svizzera, Germania, Olanda, Belgio, Italia, Polonia, Russia e Cina)
- Prime tratte (realizzate senza aggiunte infrastrutturali ma solo attraverso risoluzione problematiche tecniche, organizzative ed amministrative fra vari Paesi coinvolti) già operative: Pechino-Madrid (dal 2014), Wuhan-Lione (dal 2016), Chengdu-Rotterdam (dal 2016)
Tratta marittima che tocca Mar Cinese Meridionale, Oceano Indiano, Africa, Mediterraneo, Atlantico e Mare del Nord:
- 80 porti lungo BRI marittima gestiti già oggi dalla Cina
- 20 miliardi di dollari investiti nel solo 2016 dalla Cina in porti lungo BRI marittima
- Raddoppio del Canale di Suez, con conseguente crescita del 124% dei volumi di traffico marittimo nel solo 2017
- Recenti voci insistono su perdita di centralità della rotta Mediterranea nell’ambito delle intenzioni strategiche cinesi a vantaggio dei porti del Mare del Nord (i quali verrebbero preferiti anche per ragioni inerenti al surriscaldamento globale). Pubblicazione nel 2018 libro bianco cosiddetta “via della seta polare”
Tratta terrestre vs tratta marittima
- Traffici commerciali annui area BRI: 10% si divide fra tratte terrestri e tratte aeree (in futuro si prevede ulteriore sviluppo trasporto aereo a danno trasporto terrestre grazie a riduzione relativi costi) vs 90% tratte marittime
- Capacità di trasporto: 1 milione di TEU annui tratte terrestri vs 20 milioni TEU annui tratte marittime (ulteriore aumento previsto grazie a introduzione navi mega-cargo con capacità fino a 22.00 TEU)
- Tempi di trasporto: 15-20 gg tratta terrestre (più idonea a trasporto prodotti deperibili) vs 45-50 gg tratta marittima
Partnership più significative della Cina in ambito BRI in Asia Centrale ed Africa:
- Kazakistan: integrazione BRI con progetto infrastrutturale interno denominato “Sentiero Luminoso” attraverso la creazione del fondo dedicato “China-Kazakistan Production Capacity Cooperation Fund” (più altri accordi di cooperazione commerciale, economica e finanziaria)
- Uzbekistan: accordi di cooperazione energetica con azienda di stato uzbeka “Uzbekneftegaz” per sviluppare la parte BRI dedicata alle infrastrutture energetiche in ambito petrolio e gas naturale (la Cina si rivolge all’Asia Centrale per oltre il 50% del proprio fabbisogno energetico)
- Kirghizistan: contratti bilaterali di cooperazione economica, politica e commerciale
- Sri Lanka: accordo di leasing della durata di 99 anni per il controllo e la gestione del porto di Hambantota (punto chiave a livello strategico nell’area dell’Oceano Indiano lungo la rotta marittima della BRI)
- Gibuti: partnership economica, politica ed agricola siglata nel novembre 2017 con il governo del piccolo Paese africano da 900.000 abitanti, considerato un’oasi di stabilità nel territorio africano e caratterizzato da una posizione strategica all’ingresso del canale di Suez, punto chiave nella rotta marittima BRI (l’accordo prevede la gestione del porto e la installazione di una base militare cinese)
- Medio Oriente e Africa: Il mediterraneo costituisce per la strategia cinese un nodo nevralgico di arrivo (ma anche di partenza per l’America Latina) delle nuove vie della seta. Il legame tra oriente ed occidente da millenni è rappresentato da questo grande mare racchiuso tra tre continenti rendendo la posizione dell’Italia alquanto strategica. I cinesi sono interessati al mare nostrum per una serie di motivi alquanto importanti:
1) La via marittima delle nuove vie della seta sarebbe la più veloce per raggiungere il ricco centro Europa passando per Venezia/Trieste e per il Pireo;
2) La Cina è interessata a stabilizzare il Medio Oriente in quanto è una delle regioni che non ha una forte leadership e negli ultimi anni si è rifugiata nell’estremismo religioso per la mancanza di un forte indirizzo economico;
3) Gli investimenti cinesi in Africa sono sempre più consistenti e ed essendo alcuni tra i paesi più sviluppati nel Nord d’Africa è interesse cinese che si mantenga nella regione una stabilità tale da permettergli di non avere contraccolpi economici. Si pensi che il 60% delle esportazioni cinesi per l’Europa passano attraverso il Canale di Suez mentre, per fare un esempio, già la guerra in Libia è costata al gigante orientale circa 18,8 miliardi senza parlare degli sviluppi nel medio-oriente dello stato islamico. La Cina, infatti, ricava dal vecchio cuore della Mesopotamia, il 56% delle importazioni di petrolio con il gas naturale della regione che in futuro assumerà un importanza strategica enorme per i paesi che saranno capaci di assumerne il controllo economico e politico.
Partnership più significative della Cina in ambito BRI con Paesi europei (in questa prima fase la Cina ha privilegiato i rapporti con l’area balcanica, cosa che non è stata accolta con estremo favore dalla UE):
- Serbia: accordi ed iniziative trasversali per una partnership sempre più stretta fra Cina e Serbia (opera ciclopica, fra le più grandi mai realizzate a livello strutturale in Europa, di costruzione superstrada Belgrado-Budapest iniziata a novembre 2017; costruzione cosiddetto Corridoio 11, tratta ferroviaria che collega Serbia al Mar Adriatico Meridionale; costruzione parco industriale, sul modello della Pudong Zone cinese, lungo area serba a sinistra del fiume Danubio; 1000 borse di studio (100 all’anno per 10 anni) garantite da Pechino a studenti serbi; inaugurazione collegamento aereo diretto Belgrado-Pechino; istituzione “Forum Belgrado per mondo di eguali” che offre diretto supporto divulgativo al progetto BRI
- Grecia: acquisizione a gennaio 2018, tramite società cinese “Cosco Shipping Ports”, di 2/3 della proprietà del porto del Pireo ad Atene, con investimenti di ammodernamento previsti per 620 milioni di euro e l’obiettivo dichiarato di renderlo il principale terminale della rotta BRI marittima e di portarlo in cima alla classifica della movimentazione container nel Mediterraneo entro diciotto mesi
- Austria: accordi cooperazione commerciale e recente inaugurazione (aprile 2018) linea merci Pechino-Vienna che passa da Kazakistan, Russia, Ucraina e Slovacchia, della durata di 15 giorni con 9800 km percorsi
Partnership Cina – Russia in ambito BRI
Pur guardando con poco favore all’estensione dell’influenza cinese sui territori dell’Asia Centrale (una volta sotto il controllo URSS), Putin riconosce nella Cina il principale partner per la strategia di contrasto al dominio globale USA ed ha pertanto stretto numerosi accordi di cooperazione con Pechino, anche in ambito BRI:
- Costruzione tratta ferroviaria Mosca Pechino, che dovrebbe rappresentare la arteria principale (in termini di merci e persone trasportate) della BRI terrestre
- Accordi di cooperazione per la riqualificazione area siberiana (sempre più popolata da cinesi e sotto l’influenza di Pechino) e per l’ammodernamento delle infrastrutture, con particolare riferimento alla storica ferrovia transiberiana che dovrebbe ospitare alcune tratte della rotta BRI nordica
- Progetti comuni finalizzati a rendere le rispettive economie meno sensibili a sanzioni USA (sviluppo sistemi telematici interbancari alternativi allo standard SWIFT made in USA attualmente dominante su scala internazionale; accordi reciproca cooperazione in ambito energetico, agro-alimentare, militare; istituzione strumenti finanziari swap di conversione diretta rublo-yuan)
- Accordi strategici di lotta al terrorismo in Afghanistan e Siria e di controllo espansione nucleare Iran e Corea del Nord
- Crescente integrazione a livello politico-economico tra i Paesi ex-sovietici aderenti all’Unione Economica Euroasiatica (UEEA) e la Cina in chiave di reciproco vantaggio economico e controbilanciamento USA.
Partnership Cina – Italia in ambito BRI e opinioni su ruolo italiano
Rapporti commerciali con Cina molto poco sviluppati, come dimostra dato su incidenza scambi reciproci su rispettive bilance commerciali:
- 5% bilancia commerciale italiana
- 1% bilancia commerciale cinese (contro 4,5% Germania ad esempio)
Molti osservatori evidenziano grossa convenienza economica (900 miliardi di ricavi potenzialmente intercettabili da imprese italiane, con tutte le ricadute positive in termini di indotto) e strategica per Italia nell’assumere con ruolo da protagonista in ambito BRI.
Solo ultimamente classe dirigente italiana sembra aver preso coscienza di ciò, come testimoniato da numerosi viaggi governo Gentiloni (insieme a ministri Delrio e Alfano) e Presidente Mattarella stesso, nonché da recente presenza italiana al Forum sulla Silk Road (unico Paese europeo presente con propria delegazione).
Tuttavia, le indecisioni strategiche italiane rischiano di costare caro visto che le più recenti versioni delle tratte BRI diffuse da agenzie di stampa cinesi non sembrano contemplare sbocchi italiani (nella prima versione era invece presente Venezia, che storicamente rimanda al punto di approdo della antica via della seta). Molte di queste incertezze possono essere ricondotte alle crescenti mire “imperialistiche” franco-tedesche nella proiezione esterna del progetto europeo ed al ruolo di marginale “vassallaggio” cui l’Italia è in esso mestamente relegata.
Iniziative concrete intraprese dall’Italia in ambito BRI:
- Tratte terrestri: Gruppo Ferrovie dello Stato è già presente in Grecia dove, attraverso l’acquisizione di una società greca, si è inserita nel progetto di costruzione del Corridoio 11 nei Balcani, e in Russia, dove contribuisce, per tramite di alcune società controllate, alla realizzazione della rotta Mosca-Kazan, che sarà parte della arteria Mosca-Pechino (cuore della BRI terrestre). FS ritiene che l’Italia si trovi in una posizione di avanguardia a livello di know-how tecnologico relativo alla realizzazione di rotte ad alta velocità, ruolo di leadership che ci è riconosciuto (insieme al Giappone) anche a livello internazionale, dove l’alta velocità italiana è considerata una best practice sotto molti aspetti. L’obiettivo è pertanto quello di ampliare la presenza, anche nel ruolo di independent contractor, su tutti i territori e progetti che interessano la BRI terrestre.
- Tratte marittime: sul fronte portuale la situazione è complicata da una inerzia decisionale che sta impedendo di presentare una candidatura organica e credibile per la BRI marittima. I porti italiani potenzialmente proponibili per il ruolo di hub principale nel mediterraneo occidentale per la rotta BRI marittima sono l’area siciliana, Gioia Tauro, Taranto, l’area dell’alto Tirreno e quella dell’Alto Adriatico. Quest’ultima, per iniziativa dell’autorità portuale di Venezia, ha presentato la proposta più concreta (denominata “VOOPS – Venice Offshore Onshore Port System” e caratterizzata da un sistema integrato di accoglienza, stoccaggio, deconsolidamento e smistamento merci che interessa, oltre al porto di Venezia, anche il porto di Ravenna ed il polo logistico terrestre di Mantova, dotato di oltre 2000 ettari di aree operative onshore). I punti di forza della candidatura, ad avviso dei promotori, sono la localizzazione geografica del porto di Venezia (che rappresenta l’approdo ideale per una rotta navale BRI più efficiente in termini di massimizzazione della distanza percorsa e minimizzazione dei relativi costi), la sua accessibilità nautica (i 22 metri di profondità e le strutture operative terrestri lo rendono idoneo al trattamento dei mega carichi delle nuove piattaforme giganti da 22.000 TEU) e il suo miglior indice di accessibilità alle aree manifatturiere terrestri rispetto a tutti gli altri porti del Mediterraneo e del Mare del Nord (anche alla luce del tendenziale spostamento dei poli produttivi dal centro all’est dell’Europa a seguito del fenomeno della delocalizzazione).
- Inaugurazione a inizio 2018, in collaborazione con Camera di Commercio Italiana in Cina, il “Centro promozione investimenti bilaterali Italia-nuova area di Liangjiang”, zona altamente strategica in quanto punto nevralgico lungo la rotta BRI terrestre
- Inaugurazione a settembre 2017, su iniziativa del “CIVG – Centro Italiano per la Verità e la Giustizia”, dell’Osservatorio Italiano del Silk Road Connectivity Research Center. L’Osservatorio ha una funzione eminentemente informativa ed è finalizzato alla divulgazione della conoscenza del progetto BRI in Italia.
BRI – analisi geopolitica / strategica
Visione generale – Tesi:
- “modello win-win cooperation”, “via cinese alla globalizzazione”, “contro-globalizzazione cinese”, “mondializzazione inclusiva” (formalmente invito a partecipare alla BRI è rivolto dalla Cina a tutti i Paesi, compresi USA e UE; Cina da sempre utilizza un approccio dialogico e non conflittuale, in linea con i dettami della antica filosofia cinese di Sun Tzu: “Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì sottomettere il nemico senza combattere”).
- “offerta di sviluppo a Paesi interessati”, “sviluppo economico basato su rispetto reciproco interessi particolari, cooperazione condivisa e pacifica convivenza fra popoli”, “dotazioni infrastrutturali necessarie ad innescare un circuito virtuoso economico nei Paesi in via di sviluppo”, “da modello dominazione globale USA a modello rispettoso sovranità e indipendenze nazionali” (in antitesi con modello proposto da trattati TPP TTIP, mirati a dissoluzione di ogni sovranità nazionale).
- “ri-orientamento strategico del modello di accumulazione globale” (dalla centralità della finanza e del debito al ritorno all’economia reale), “centralità del lavoro”, “riscoperta e valorizzazione di educazione e cultura”.
- “sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente”.
- “nuova egemonia cinese lungimirante ed inclusiva”.
Visione generale – Antitesi:
- Utilizzo da parte della Cina di soft power, in luogo di hard power statunitense, ma medesime mire egemoniche di dominio planetario e medesimi strumenti imperialistici-colonialistici utilizzati (investimento a debito in Paesi sottosviluppati ha le stesse connotazioni degli interventi USA; 27 Paesi sugli oltre 60 in orbita BRI hanno un rating del debito pari a “junk”: cosa succede se quei Paesi non riescono a ripagare il debito contratto per costruzione porti, ferrovie, ecc.? Verosimilmente la proprietà degli stessi passa in mano ai creditori cinesi).
- Assenza di governance condivisa: pur proclamando apertura e inclusività, la Cina sembra rifiutare ogni ingerenza in ambito decisionale relativamente ai progetti BRI. In aggiunta, la realizzazione delle opere infrastrutturali promosse e finanziate (anche quand’esse si collochino su territori esteri), viene spesso affidata in esclusiva a imprese e lavoratori cinesi.
- Assenza di reciprocità: l’entità degli Investimenti Diretti Esteri (IDE) cinesi in Europa e nel resto del mondo è di gran lunga superiore all’entità degli IDE concessi dalla Cina agli altri Paesi sul proprio territorio. A fronte quindi di una richiesta di accesso diretto all’interno delle varie economie nazionali, si registra ancora una forte chiusura in senso opposto da parte della Cina.
- Lacune del processo democratico interno: sul fronte internazionale si registrano frequenti critiche, fomentate principalmente dagli USA per denigrare la superpotenza rivale, alla gestione del processo democratico interno cinese. La Cina, da parte sua, risponde alle critiche affermando che ritiene il processo politico-democratico occidentale inefficace, perché di fatto controllato da poteri oligarchici e inadatto a produrre leader di qualità e visioni strategiche di lungo periodo (difficile dargli torto!).
- Mancanza di fair play economico-competitivo: sempre dagli USA si reclama maggiore trasparenza sul fronte dei report di finanza pubblica cinese e della pianificazione economica a vantaggio delle proprie imprese, con l’accusa di falsare le dinamiche della libera competizione globale di mercato (recente vicenda relativa alla cinese “Huawei” ne è l’esempio).
Visione particolare – Interessi Cina:
- BRI è la mossa strategica compiuta dalla Cina per combattere quella che ormai molti osservatori definiscono “Seconda Guerra Fredda” (risvolti più sfumati rispetto alla prima, basata su contrapposizione duale USA-URSS capitalismo-comunismo, ma molto più complessi), che è in pieno corso di svolgimento fra USA e Cina (o se si preferisce fra fronte atlantico-occidentale e fronte “BRICS – Brasile Russia India Cina Sudafrica”, formato dalle maggiori economie emergenti) per il controllo della governance globale. Si tratta di uno scontro per l’egemonia che secondo molti analisti potrebbe non risolversi in maniera pacifica. Il lancio della BRI è l’emblema del cambio di approccio voluto da Xi Jinping in politica estera (dopo secoli di umiliazioni coloniali, seguiti da decenni di politica estera passiva e profilo basso, con Xi Jinping inizia l’era del dinamismo e del protagonismo internazionale, caratterizzato da una insospettabile lungimiranza strategica e da una sbalorditiva capacità di tradurre velocemente sul campo i progetti e le intenzioni). Il cambio di approccio può essere letto come reazione inevitabile alla strategia di accerchiamento diplomatico (attraverso la stretta di accordi con le maggiori potenzi confinanti la Cina, ossia Giappone, India, Australia, Corea del Sud e Taiwan) e militare (in attuazione del cosiddetto piano “Pivot to Asia”, con forte dispiegamento aeronavale nel Mar Cinese Meridionale e nell’Oceano Indiano) della Cina messa in atto dagli USA negli ultimi decenni, nell’ambito della predetta seconda guerra fredda. L’obiettivo era quello di indebolire il gigante cinese ed ostacolarne l’espansione politica ed economica limitandone l’accesso alle materie prime ed all’approvvigionamento energetico (la Cina è tradizionalmente un Paese manifatturiero, che ricava oltre il 50% fabbisogno energetico dal Nord Africa e dai Paesi mediorientali, per cui la questione energetica ha sempre rappresentato una fonte di criticità) e fomentando le numerose fratture interne di natura etnica, religiosa e socio-politica (Tibet, Hong Kong, Xinjang) per minare unità ed indipendenza nazionale. A livello geopolitico-strategico la BRI è pertanto per la Cina, prima di ogni altra cosa, un modo per rispondere alla strategia di contenimento USA e cercare nuovi sbocchi economici e diplomatici.
- Estensione influenza cinese in Asia Centrale (colmando il vuoto lasciato dall’URSS), area chiave per la neutralizzazione della strategia di isolamento energetico attuata dagli USA (stringere relazioni bilaterali strette con Paesi possessori di petrolio, gas naturale e altre materie prime come Uzbekistan, Kazakistan e Kirghizistan, è una polizza assicurativa in ambito energetico di inestimabile valore per la Cina. E la BRI in tal senso rappresenta un passe-partout ideale).
- Diversificazione export (e di conseguenza delle proprie riserve valutarie), riducendo la propria dipendenza dagli USA e raggiungendo tutti quei Paesi dell’Asia Centrale marginalizzati dalla globalizzazione americana con enorme potenziale di crescita
Mercati di sbocco export cinese Fonte: AIIB
Come si vede dal grafico, il principale mercato di destinazione dell’export cinese sono proprio gli USA. L’effetto di questa relazione è che la Cina detiene una quantità di riserve valutarie in dollari che ad oggi la lega ai destini dell’impero americano in maniera troppo stretta per pensare ad una vera e propria strategia di scontro per il controllo della governance globale.
- Attenuazione dominio americano su rotte marittime BRI, da cui transita la maggior parte dell’export cinese.
- Incremento dei collegamenti infrastrutturali domestici, rendendo le regioni interne ed occidentali più povere, arretrate e socialmente instabili punto di snodo cruciale per tutte le tratte BRI e favorendo in tal modo lo sviluppo economico delle stesse, che dovrebbe consentire di assottigliare il gap con le aree ricche ed evolute della costa orientale (Shanghai, Hong Kong, Pechino, Guangzhou).
- Utilizzo della capacità produttiva in eccesso (soprattutto nei settori edilizio e siderurgico) cui la Cina è giunta a seguito della repentina crescita economica degli ultimi decenni (in tal senso opere infrastrutturali come quelle richieste in ambito BRI sono l’ideale campo di sbocco della predetta sovra-capacità).
Visione particolare – Interessi altri Paesi in ambito BRI:
- Enormi capitali resi disponibili dal governo cinese ed enorme indotto economico potenzialmente attivabile a seguito della realizzazione delle opere infrastrutturali.
- Apertura di enormi mercati commerciali di sbocco in senso opposto sulla rotta della BRI (le economie dell’Asia Centrale hanno la maggior prospettiva di crescita al mondo e Xi Jingping sembra voler aprire alle importazioni rafforzando il proprio mercato interno ed aumentando il benessere ed il potere di acquisto dei cittadini cinesi).
Osservazioni conclusive
Emergono le seguenti riflessioni e dubbi su alcune potenziali contraddizioni in seno al progetto BRI:
- Contraddizioni di natura ecologico-ambientale: l’intero progetto BRI si basa in sostanza su una adesione fideistica alle logiche mercantili dominanti. La celebrazione dell’intensificazione dei commerci su scala globale come panacea dello sviluppo delle economie emergenti pare marginalizzare del tutto la critica relativa all’insostenibilità ambientale di lungo periodo del capitalismo contemporaneo, con tanti saluti a ogni istanza di valorizzazione delle economie di prossimità e delle filiere produttive locali. Si registra al contrario un’ulteriore accentuazione dell’irrazionalità del meccanismo produttivo e distributivo del turbo capitalismo attuale (esporto il mio olio italiano in Asia Centrale ed importo olio cinese grazie alle nuove e più efficienti strutture della BRI) e del suo relativo impatto ecologico.
- Contraddizioni di natura economica: la accentuazione della competizione commerciale fra Stati non necessariamente è sinonimo di progresso comune e condiviso. Essendo un gioco a somma zero, il commercio internazionale ha da sempre comportato l’emersione di vincitori e vinti. L’efficacia dello slogan sulla cosiddetta “win-win cooperation” è in sostanza tutta da dimostrare. In aggiunta, destano numerosi dubbi e perplessità, oltre alla centralità delle logiche mercantili insita nel progetto BRI, le modalità di impiego dei capitali cinesi a supporto dell’iniziativa. Se si trattasse di capitale non “a fondo perduto” ma del solito “schema imperialistico a debito” (largamente utilizzato da decenni dalla superpotenza antagonista alla Cina), mediante il quale si inducono economie emergenti ad assumere un indebitamento che non sono in grado di sostenere per poi fare razzia di asset e risorse nazionali, si farebbe fatica a scorgere il potenziale “win-win” della BRI.
- Contraddizioni di natura geopolitica: la narrazione secondo cui una globalizzazione in salsa cinese sarebbe di gran lunga preferibile a quella in salsa americana può avere senso solo perché tanto peggio di così, in termini di iniquità e ingiustizia sociale, è difficile immaginarsi di poter arrivare. Tuttavia, questo cambio di egemonia a livello globale, ammesso e non concesso che avvenga in maniera pacifica, sembra essere accompagnato dalla stessa retorica e dalle stesse dinamiche attualmente dominanti (regole internazionali condivise, scambi no border su scala planetaria, istituzioni sovranazionali indipendenti, organizzazioni non governative come se piovesse, appiattimento delle differenze ed iper-mondializzazione, ecc.). Il richiamo, nelle dichiarazioni di intenti, al rispetto ed alla valorizzazione delle singole sovranità ed indipendenze nazionali appare piuttosto debole e privo di sostanza alla luce delle predette dinamiche (esse invece concrete e ben visibili) ed alla luce della dialettica impostata esclusivamente sullo scontro fra imperi, fra superpotenze sovranazionali. Allo stesso modo, le sbandierate ed indubbie differenze culturali fra Cina e USA (con l’esaltazione della “cultura millenaria” cinese che prevedrebbe una gestione meno muscolare dei conflitti e una maggior spinta inclusiva) non paiono sufficienti ad assicurare un cambio di rotta significativo rispetto alla guida egemonica statunitense. Senza contare che le nuove classe dirigenti cinesi appartengono ad una generazione molto diversa culturalmente da quella precedente. In luogo della proverbiale umiltà e pacatezza che caratterizzano storicamente la cultura cinese, pare prevalere nella generazione contemporanea una aggressività molto più affine alle abitudini occidentali (forse dovuta al fatto che si tratta di una generazione di figli unici, in seguito alla cosiddetta “politica del figlio unico” adottata in Cina dalla fine degli anni settanta al 2013, anno della abolizione della misura da parte della Corte Suprema Cinese).
Infine, è così scontato che quello scaturente dal lancio del progetto BRI debba essere lo sconto finale fra due egemonie ed imperi alternativi? Si potrebbe anche argomentare, in maniera forse un po’ ingenua, che i due modelli di globalizzazione in realtà siano complementari in senso economico fra loro. Come dimostra l’enorme quantità di debito USA detenuta dalla Cina e la forte prevalenza del mercato americano sull’export cinese, ci troviamo in una economia globale e per questo sempre più interconnessa, in cui nessun attore può trarre giovamento alla lunga dal venir meno della salute economica di altri attori, per quanto lontani geograficamente o antagonisti a livello strategico. In quest’ottica assume dunque una connotazione diversa anche l’invito esteso dalla Cina agli USA per la partecipazione a questo nuovo paradigma della win-win cooperation: nessun altro Paese al mondo, infatti, avrebbe più da perdere della Cina (per i motivi di cui sopra) a seguito di un collasso dell’economia americana.
A cura di:
Guido Carlomagno – IASSP
Emanuele Falasca – IASSP
Matteo Fulgenzi – IASSP
Bibliografia
SILK ROAD NOTIZIE, Alessia Amighini sulla Belt and Road Initiative, da http://www.civg.it, fonte: Il Sole 24 Ore, 12/6/2018
LIMES, rivista italiana di geopolitica, Non tutte le Cine sono di XI, 11/2018
LIMES on-line, Il Forum delle nuove vie della seta celebra la globalizzazione con caratteristiche cinesi, da http://www.limesonline.com/rubrica/cina-forum-nuove-vie-della-seta-belt-and-road-initiative